"DEGAS E LA SUA OPERA PITTORICA " a cura di Sissi Geraci 
                          
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                        a. Motivazioni e tecniche dell'Impressionismo  
                        La seconda metà dell’800 fu  caratterizzata in Europa da un enorme sviluppo nel campo della tecnica; tale  sviluppo fu la causa di una continua aspirazione a qualcosa di nuovo e di  migliore ed ebbe tra le conseguenze anche quella del rapido variare delle mode  e del gusto artistico: “la tecnica moderna provoca cioè una inaudita  dinamizzazione della concezione del mondo, ed è essenzialmente questo nuovo senso  dinamico che si esprime nella vita” (H. Hauser 1979). 
  In Francia, intorno agli anni  ’60,  nacque il movimento artistico che  perfettamente interpretò ed espresse questo dinamismo frenetico:  l’Impressionismo, stile urbano per eccellenza, atto sempre a ritrarre la  mutevolezza, la labilità della vita. Ciò che prevale non è la stabilità, bensì il  momento, l’attimo fuggente: “la realtà non è un essere, ma un divenire, non uno  stato ma un evento” (H. Hauser, 1979). 
  L’impressionismo ha alla base i  due sentimenti tipici dell’uomo di quel tempo e cioè la gran solitudine che si  prova in una metropoli affollata ed il disagio dato dalla vita caotica ed in continuo  movimento. 
  Il pittore impressionista vede e  ritrae la realtà in modo assolutamente soggettivo, mai obiettivo, traduce sulla  tela quella che è ‘l’impressione’ del momento ed è proprio attraverso la  tecnica di cui si serve, pennellate rapide, vibranti, macchie di colore,  sfaldamento delle forme, che riesce a dare quel senso di una realtà dinamica in  continuo divenire. Tuttavia il rapporto con una realtà continuamente mutevole,  provoca nell’uomo un atteggiamento passivo di spettatore, “di soggetto  recettivo e contemplante, cioè una posizione di distacco, di attesa, di  neutralità, insomma, il puro atteggiamento estetico. L’impressionismo è al  sommo di questa cultura ed è l’estrema conseguenza della rinunzia romantica  alla vita attiva” (H. Hauser, 1979). 
  Gli impressionisti volevano  rendere la materia delle cose senza alcun intento moraleggiante, letterario o  aneddotico, il loro era puro pittoricismo; essi ritraevano esclusivamente ciò  che vedevano: “i quadri impressionistici per la prima volta nella storia  dell’arte sostituiscono totalmente all’oggetto del sapere teorico quello  dell’immediata esperienza visiva” (H. Hauser, 1979). 
  La pittura impressionista è  bidimensionale, in essa infatti vengono completamente a mancare i valori  plastici e lineari; ciò che invece viene privilegiato e accentuato al massimo è  l’effetto cromatico-luministico: “è solo per meglio accentuare gli effetti  cromatici e per il desiderio di trasformare la superficie del quadro in un’  armonia di effetti di colore e di luce, che lo spazio viene assorbito e viene  dissolta la struttura dei corpi” (H. Hauser, 1979). Gli impressionisti  cercarono di rendere il colore proprio come esso si presenta sotto l’effetto  della luce che varia, volevano addirittura renderlo come colore in sé, slegato  cioè dalla forma. Per quanto riguarda l’effetto della luce sul colore e l’uso  delle ombre colorate è in Eugène Delacroix che ne dobbiamo riconoscere il  precursore. 
                        Il pubblico reagì molto male alla pittura impressionista, non la capiva  e si sentiva preso in giro malgrado si trattasse di una pittura aristocratica e  certamente non ‘plebea’ anche se varia era la provenienza sociale dei  pittori.  Alcuni venivano dalla ricca  borghesia e dall’aristocrazia, altri dal popolo e dalla piccola borghesia.  Comunque è interessante rilevare che “il sentimento di ribellione latente  nell’atteggiamento dell’Impressionismo verso la vita, benché non sempre gli  impressionisti ne fossero consapevoli, è tra le cause del rifiuto dell’arte nuova da parte del pubblico borghese” (H: Hauser, 1979).  
                          
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                        b. Degas l'uomo  
                         Edgar Germaine Hilaire Degas  nacque a Parigi il 19 luglio del 1834 in una famiglia borghese molto agiata.  Ricevette un’educazione austera che gli inculcò dei severi principi morali. Subì  sempre l’influenza del padre, uomo colto e appassionato d’arte. Fin  dall’infanzia il padre gli fece frequentare un gran numero di artisti e di uomini  fortemente eruditi; fu sempre il padre  a  spingerlo e ad incoraggiarlo a coltivare la sua inclinazione al disegno ed alla  pittura (Figura 1). 
  Degas, uomo dal carattere  difficile e pieno di contraddizioni interiori; molto pignolo, meticoloso e  soprattutto continuamente scontento di sé stesso. Pensava sempre di non avere  fatto abbastanza e che avrebbe potuto fare meglio; diceva: “bisogna avere  un’alta idea, non di ciò che si fa adesso, ma di ciò che si potrà fare un  giorno. Senza questo, non vale la pena lavorare”. 
  La moderna psicologia attribuisce  proprio al rapporto col padre vissuto soprattutto negli anni dell’infanzia e  dell’adolescenza, quest’aspetto del carattere. 
  Degas consacrò tutta la sua vita  all’arte concedendosi pochissime distrazioni; trovò in essa lo scopo della sua  esistenza e l’appagamento alle sue sofferenze. Egli amava la  solitudine anche se nello stesso tempo ne  soffriva. Era molto geloso della sua arte e del suo atelier al quale pochissimi  amici, i veri amici, avevano libero accesso; a tal proposito diceva: “è  necessario un certo mistero, bisogna lasciare un mistero intorno alle opere. E  sempre tormentato da tendenze opposte spesso pensava: “vorrei essere illustre e  sconosciuto”. Condusse una vita molto precisa, ordinata e monotona che suscitò  in Gustave Coquiot queste parole: “vuol essere considerato un giovane che si  controlla ogni istante. Pe r tutta la vita porterà il segno di queste buone  maniere. Sarà preciso, duro , secco, avrà orrore del movimento,  dell’agitazione, della passione incontrollata. Un notaio scorbutico, lunatico,  bizzarro, quasi un misantropo”. 
  Degas cercò di non abbandonare  mai la fiducia in  sé stesso, non voleva  avere bisogno degli altri con i quali spesso era molto duro, quasi crudele; le  sue spiacevoli ‘frecciate’ sono diventate celebri e gli hanno erroneamente  causato la fama di uomo cattivo, ma un tale comportamento verso gli altri  costituiva semplicemente una forma di autodifesa. 
 Infine il suo amore verso le difficoltà gli  faceva dire: “una difficoltà è una luce, una difficoltà insuperabile è un  sole!”.  
                        Egli lavorò infaticabilmente fino al momento in cui divenne quasi  completamente cieco. Nel 1912 smise di lavorare. Da allora iniziò a passare le  sue giornate facendo delle lunghe passeggiate a piedi o in tram. (Figura 2). Gli ultimi due anni della  sua vita rimase quasi sempre rinchiuso a casa; la solitudine ed i lati  ‘cattivi’ del suo carattere si accentuarono. Jacques-Emile Blanche diceva del  Degas di quest’ultimo periodo: “le pesanti palpebre si chiudono su quegli occhi  che sono stati così penetranti e ormai da lungo tempo non distinguono più che  una parte alla volta degli oggetti”. E Forain dirà dopo la sua morte  sopravvenuta il 27 settembre del 1917: “ah   Degas, com’era bello alla fine, quando camminava per le strade…”. 
                          
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                        c. Visione generale dell’opera pittorica di Degas.  Punti di contatto e di distacco con l’Impressionismo 
                         Degas può essere considerato un  pittore impressionista, tuttavia, malgrado le affinità che ebbe con  l’Impressionismo, non sempre ne seguì ed accettò le regole. I critici d’arte  del suo tempo dicevano erroneamente che egli doveva essere considerato  semplicemente come un pittore accademico camuffato da rivoluzionario; questo è  un falso pensiero perché Degas al contrario, era assolutamente contro i  formalismi e le convenzioni accademiche. Altri critici invece lo giudicarono  molto superficialmente come un semplice cronista della società del suo tempo,  comparabile ai romanzieri naturalisti. 
                          Fin da ragazzo la passione per  l’arte e la pittura in particolare, lo portò a copiare i quadri dei grandi  maestri del Louvre. Fra il 1856 e il 1860 venne spesse volte in Italia dove  risiedevano alcuni suoi parenti; stette soprattutto a Napoli, Roma e Firenze.  In Italia ebbe modo di ammirare e studiare gran parte dei maestri italiani del  passato, principalmente del Quattrocento: Botticelli, Pollaiolo, Ghirlandaio,  Mantegna, era la precisione del loro disegno che Degas ammirava moltissimo. 
                          Negli anni ’60 Degas fece la  conoscenza di Edouard Manet e dei futuri impressionisti. In questi anni, fino  al ’70 circa, eseguì numerosi ritratti dal disegno molto netto e preciso  rilevanti ancora un certo accademismo (Figura  3) . Si cimentò inoltre nell’unico genere di pittura in grado, a quel  tempo, di dare un certo prestigio all’artista: la pittura storica, ma fu  un  fallimento che dimostrò chiaramente la sua incapacità  “a dipingere una scena alla quale non aveva  potuto assistere personalmente” (F. Fosca, 1954). A partire da questo momento,  lo scopo principale della sua opera divenne “la trascrizione della vita  osservata intorno a lui” (A. Terrasse, 1971). 
                          Ciò corrispondeva esattamente  allo scopo che si proponevano gli altri pittori impressionisti. 
                          Tra la fine degli anni ‘60 e l’80,  oltre alle scene di caccia e di corse di cavalli, il teatro divenne il soggetto  principale dei suoi quadri; ora trascorreva molto del suo tempo all’Opera per  osservare, studiare e poi dipingere musicisti e ballerine (Figure  4 - 5 ) . 
                          Degas ben presto dovette cessare  di esporre al ‘Salon’ ufficiale dove i quadri di vita contemporanea erano  rifiutati; ciò d’ora in poi lo fece avvicinare maggiormente agli altri pittori  inpressionisti anche se egli non fu sempre fedele alle regole  dell’Impressionismo. In primo luogo non ammetteva il dogma secondo il quale  bisognava dipingere dal vero e all’aria aperta, “en plain air”. In effetti egli  lavorò in queste condizioni solo per rappresentare alcuni paesaggi e le corse  di cavalli. Al contrario si limitava ad osservare, a prendere note ed a fare  degli schizzi che poi nel suo atelier utilizzava per comporre i quadri.  
                           Dietro  alla composizione di un quadro c’erano dunque numerosi studi, a questo  proposito egli affermava: “nessun’arte è meno spontanea della mia. Quel che  faccio è il risultato della riflessione e dello studio sui grandi maestri; di  ispirazione, spontaneità, temperamento, io non so niente, bisogna rifare dieci  volte, cento volte lo stesso soggetto. Nulla in arte deve sembrare casuale, una  cosa vista non può essere dipinta se non dopo una rettifica, un’approvazione  dell’intelligenza critica.” Per questo egli non era d’accordo con gli altri  impressionisti che al contrario dipingevano di primo getto e fedelmente alla  realtà senza apportare alcuna modifica. Per Degas invece la memoria e l’immaginazione  avevano molta importanza, diceva: “va molto bene copiare quel che si vede,  molto meglio disegnare quello che non si vede più se non nella memoria; è una  trasformazione in cui l’immaginazione collabora con la memoria, così non si    riproducese non quello che vi ha colpiti, cioè l’essenziale. Allora i ricordi  e la fantasia sono liberati dalla tirannia che esercita la natura. Un dipinto è  prima di tutto un prodotto dell’immaginazione dell’artista, non deve mai essere  una copia. Se in seguito può aggiungere due o tre tocchi di natura,  evidentemente non fa male. L’aria che si vede nei quadri dei maestri non è  un’aria respirabile”. 
                          Lavorando quasi sempre nel suo  atelier, Degas faceva spesso uso di modelli e soprattutto nei primi anni della  sua carriera, caratterizzati ancora da una certa influenza accademica, una  delle principali caratteristiche della sua arte divenne la grande precisione e  purezza del disegno e la chiarezza della forma: “l’artista ritaglia una figura  nell’altra sovrapponendone le forme, ma le coordina con tale accortezza da  evitare qualsiasi  confusione. In questo la sua pittura si differenzia da quella  degli impressionisti, portati invece a fondere e confondere insieme i profili  degli oggetti raffigurati” (L. Bortolon, 1966).  
                          Pure il colore per Degas era  molto importante, ammirava soprattutto quello degli antichi maestri veneziani  dei quali avrebbe  voluto anche scoprirne  i ‘segreti’. La luce però aveva per lui un’importanza ancora maggiore. Nei suoi  quadri però, a differenza degli altri impressionisti, non si trattava della  luce del sole bensì di una luce artificiale dato che gli ambienti da lui  rappresentati erano quasi sempre teatri, caffè-concerto e scuole di danza. (Figure 6 – 7 - 8 ) Agli altri  impressionisti diceva: “a voi occorre la vita naturale, a me quella  artificiale. Lavorare gli effetti della sera, lampade, bugie….il bello non è  nel mostrare sempre le fonti della luce ma l’effetto della luce”. 
                          
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                        d. Degas e lo studio dei gesti e dei movimenti nello  spazio attraverso le ballerine ed il teatro 
                         Degas durante la sua lunga  carriera si dedicò molto intensamente allo studio dei gesti e dei movimenti  nello spazio e più precisamente dei movimenti tipici di alcuni mestieri. Egli  diceva: “è il movimento delle cose e delle persone che distrae e anche consola.  Se le foglie degli alberi non si muovessero, come sarebbero tristi gli alberi e  anche noi!”. Degas iniziò questi studi occupandosi dei gesti compiuti dai  suonatori di strumenti musicali durante le loro esibizioni. Poi continuò  studiando il movimento dei cavalli ed intorno al 1872 le ballerine divennero il  suo soggetto privilegiato (Figura 9).  “Non è il lato banalmente pittoresco che lo intriga, bensì gli sforzi, la lunga  conquista che viene rappresentata nell’esecuzione perfetta della più semplice  figura di danza. I visi non lo interessano assolutamente, essi sono come  interscambiabili e si cancellano davanti al dinamismo espressivo di gambe e  braccia” (F. FOSCA, 1954).    
  D’ora in poi lo scopo principale  consistette nel “rendere il movimento, cioè il passaggio da una posizione ad  un’altra, lo squilibrio di un istante tra la fissità e la mobilità. Si tratta  insomma di mostrare la trasformazione del corpo, il suo modificarsi in  quell’istante” (A. Terrasse, 1971). E Un critico del tempo disse sempre a  questo proposito: “i segni di questo crudele e sagace osservatore illustrano la  meccanica di tutti i movimenti. Di una creatura in moto essi registrano, non  soltanto il gesto essenziale ma le più impercettibili e vaghe ripercussioni  miologiche da cui nasce la definitiva unità del disegno”. 
   Dopo il 1873 Degas riuscì a  superare anche se non ad abbandonare del tutto quel carattere accademico che  aveva contraddistinto il suo primo periodo; cercò di conciliare quindi il  disegno netto e preciso con le nuove esigenze di effetto luce-ombra e di moto (Figura 10). “L’effetto della luce  svela a Degas il valore del moto. Tutta la luce pittorica è una vibrazione  perenne, cosmica, che elimina ogni staticità di contorno e giustifica la  trasformazione della posa nel moto dando alle danzatrici quella leggerezza che  è il loro fascino. Nelle sue celebri e tante volte replicate scene di teatro e  di danze, le figure sembrano sgranarsi e palpitare nell’artificiale luminosità  del palcoscenico, secondo un principio di vibrazione nella luce, in qualche  modo analogo al ‘plein air’ degli impressionisti. Dal 1880 in poi Degas,  accostandosi di più all’Impressionismo, iniziò ad interessarsi maggiormente  alla vivacità ed intensità dei colori ed alla voluminosità delle masse,  preoccupandosi meno dei contorni accurati e dedicati alla bellezza ideale,  preferendo a tutto l’espressione della vitalità e dell’energia. Il quadro  ‘Donne davanti  ad un caffè, la sera’ (Figura  11), segna un cambiamento nella sua arte. “Rinunciando ad una esecuzione  liscia e serrata, pur conservando un disegno fermo e vigoroso, Degas adotta un  modo più largo, audace, in cui i colpi di matita o pastello cozzano tra loro,  ravvivano lo spazio e conferiscono al soggetto una specie di crudezza che si  svilupperà sempre più” (J. J. Lévèque, 1979). 
  In ‘Ballerine fra le quinte’ (Figura 12) eseguito probabilmente dopo  il 1890, si avverte la maniera tragica di concepire la vita che Degas aveva in  quegli anni: dopo avere ripetuto tante volte questo motivo, ecco che lo esegue  pensando alla sua tragedia, la cecità sempre più incombente, e la esprime non  certo nei gesti, ma nei contorni che sono solchi e non linee e nei contrasti  delle luci e delle ombre, tutti frammenti di energia vitale e di maledizione  del destino. Il colore si fa più profondo, il moto è più deciso, la luce e   l’ombra più in contrasto, la forma più sintetica. Da ‘La lezione di danza’ a ‘Ballerine  fra le quinte’ , c’è tutto lo sviluppo dello stile di Degas, dal realismo pre-impressionista,  attraverso un approccioall’Impressionismo, sino a una specie di  Espressionismo. L’Espressionismo in senso lato è uno stile che semplifica la  forma all’estremo per accentuarne l’espressione. 
  Riguardo alle ballerine, soggetto  centinaia di volte ripetuto da Degas, egli affermò: “mi chiamano il pittore  delle ballerine ma non capiscono che la ballerina ha costituito per me un  pretesto per dipingere stoffe graziose e raffigurare dei movimenti”. 
                        “Nel tema delle ballerine, colte alla luce artificiale dei palcoscenici  o all’ombra delle quinte, nel lavoro snervante delle prove o nelle intimità  degli abbandoni, Degas raggiunse la magia di un realismo veramente trasceso in  poesia. Egli seppe cogliere il movimento delle danzatrici nell’istantaneità del  suo divenire, raggiungendo certi istanti di grazia sottile ed aerea” (F. Fosca,  1961).  
                          
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                        e. Degas e la fotografia legata allo studio dei gesti e  dei movimenti nello spazio 
                         Degas aveva dichiarato che  l’artista doveva essere capace di disegnare un uomo che cade da un tetto  preannunciando così l’arte dell’istantanea fotografica che in seguito ebbe per  lui grande importanza. Paul Valéry, conoscente di Degas, scrisse che il pittore  amava ed apprezzava la fotografia in un tempo in cui gli artisti la  disprezzavano o non avevano il coraggio di ammettere che se ne servivano. Molti  critici dopo la morte di Degas parlarono del suo ‘occhio fotografico’  trovandovi in parecchie opere famose attributi tipici della fotografia. “ Non è  arbitrario rilevare nella sua opera la previsione di nuove impostazioni, di  punti di veduta, che verranno utilizzati molto tempo dopo dalla fotografia e  dal cinema. Le riprese dall’alto, il modo di decentrare in un ritratto il  personaggio principale, di dare al primo piano un’importanza imprevista  rispetto all’insieme, di portare l’accento su un particolare accessorio per far  valere in contrasto la vivente espressione di un volto, tutte queste invenzioni  corrispondono alla visione proposta oggi dall’obiettivo” (R. Cogniat, 1979). In  Degas l’originalità delle impaginazioni e delle inquadrature derivanti dalla  fotografia, cercava sempre di valorizzare comunque e nel modo migliore il  movimento riprodotto. Le innovazioni compositive quali il decentramento della  composizione e le figure dei quadri tagliate dalla cornice, fanno pensare non  solo alla fotografia ma anche alla conoscenza che l’artista aveva delle stampe  giapponesi soprattutto quelle dell’800. Anche in queste, molto originali nei  movimenti e nei gesti si possono trovare diverse  analogie con leimpostazioni fotografiche. Il  quadro‘Fantini davanti alle tribune’ (Figura  13) nel quale la testa di un cavallo risulta tagliata di netto dalla  cornice, fu la prima opera di Degas in cui troviamo il taglio delle figure,  caratteristica che dopo il 1862 riscontreremo quasi costantemente nei suoi  quadri. “Modernissimo, addirittura un precursore, Degas ‘tagliava’ le sue  immagini in modo da dare l’impressione che la vita continuasse anche oltre il  quadro: sono quelle famose ‘tranches de vie’ che anticipano in un certo senso  il nostro attuale linguaggio cinematografico” (L. Bortolon, 1966). Anche la  tipica prospettiva distorta delle opere di Degas proviene senz’altro  dall’osservazione delle distorsioni fotografiche; nelle fotografie infatti, la  prospettiva veniva distorta se l’obiettivo, al momento dello scatto era troppo  vicino all’oggetto da fotografare. Degas sicuramente si rendeva conto di tutto  questo, ma proprio la volontà di rappresentare le cose da vicini, faceva sì che  egli distorcesse nei suoi quadri la prospettiva, come se si fosse trattato di  una fotografia presa molto da vicino. Spesso gli artisti che nell’800 si  servirono della fotografia, cercarono nella trasposizione in pittura di  correggere quei difetti, quelle distorsioni formali che tuttavia spesso erano  proprio gli elementi che creavano maggior effetto, dando un certo carattere  alla foto stessa. Pochi furono gli artisti che si resero conto delle ‘qualità  di quei difetti’ e fra questi Degas: “le deformazioni delle sue figure,  l’ineleganza delle pose e dei gesti, la banalità e persino la bruttezza di  talune espressioni, certe casualità apparentemente ingenue di composizione,  trovano un termine di raffronto soltanto nelle fotografie istantanee. Non sono,  come hanno sostenuto alcuni critici,  il risultato di una sottomissione passiva  alla fotografia. Degas le rese pittoricamente valide e creò uno stile partendo  da fonti che non ne avevano” (A. Scharf, 1979). 
                        Nell’evoluzione dei suoi studi e della sua opera, Degas, soprattutto nei  quadri raffiguranti le ballerine, cercò di rendere addirittura la progressione  cinematica, cosa che raramente era stata fatta prima. Egli a questo scopo usava  la “giustapposizione di soggetti analoghi e in taluni casi la ripetizione dello  stesso soggetto, per dare l’idea di un’unica figura in moto, ripresa nelle fasi  più o meno consecutive del suo movimento” (A. Scharf, 1979). Anche qui si  riscontra il legame con la fotografia, infatti già intorno agli anni ’60  esistevano vari apparecchi fotografici coi quali era possibile fissare su  un’unica lastra diverse pose successive del medesimo soggetto, per dare appunto  la sensazione del moto. Degas, durante i suoi studi sulla fotografia, si  soffermò a lungo su Eadweard Muybridge, fotografo inglese che egli apprezzò  molto e dal quale spesso prese spunto per la realizzazione delle sue opere. 
                          
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                        f. Evoluzione dello studio dei gesti e dei movimenti  nello spazio attraverso altre figure femminili 
                         Abbiamo visto come Degas fece uso  della fotografia legandola agli studi sui gesti e sui movimenti nello spazio;  tuttavia, anche se le ballerine avevano costituito il soggetto principale di  questi studi, Degas, verso la fine della sua carriera, rappresentò anche  altri soggetti femminili quali modiste,  stiratrici, lavandaie (Figure 14 e 15) la  scelta di questi ultimi due soggetti dimostra come anche lo studio del  movimento ha subìto in Degas un’evoluzione; egli infatti con le stiratrici e le  lavandaie ha voluto rappresentare non il semplice movimento, ma il movimento,  il gesto nello sforzo che esso richiede, voleva addirittura riuscire a rendere  le contrazioni muscolari durante lo sforzo. Ciò dimostra che egli si interessò  anche all’anatomia del corpo umano. Verso la fine della sua carriera fece degli  studi su donne intente alla cura personale del corpo e nel 1886, all’ottava ed  ultima esposizione degli impressionisti, espose una serie di sette pastelli  rappresentanti nudi di donne che si lavano, si asciugano, si pettinano o si  fanno pettinare(Figure 16-17 e 18).  Anche in questi nudi oltre all’interesse per il corpo umano, si ritrova   l’interesse per il movimento. “In Degas, più spesso l’essere umano agisce o si  riposa dall’azione, mail riposo è quello che segue la fatica, non è l’assenza  diattività!” (F. Fosca, 1954). Luivolle rappresentare i suoi nudi così  com’erano nella realtà, senza idealizzarli. E il modo quasi brutale ed  animalesco con ilqualerappresentò i corpi femminili, gli procurò l’accusa di  essere unmisogino. Cogniat lo giustificò dicendo: “Degas sostiene e accetta  ciò che vede, le donne  sono quelle che sono. Non ne trova che obese o troppo  magre; anchele poche belle che ha dipinto, lo sono per unamisteriosa  manifestazione di vita più che per la forma. Non teme iventri pesanti,  corrugati in pannelli di pelle spessa e grassa, membragrosse, mani rosse e  pesanti, visi molto volgari…quelle bruttone e quelle servette le impregna o le  sfiora con un sole che è solo suo; mescola il reale, il misterioso, il bestiale  e il divino”. 
                          Per meglio rendere il movimento,  Degas perseguì numerose ricerche di tecnica pittorica. Fin dall’inizio si servì  della pittura ad olio ed a tempera che tuttavia tralasciò dopo il 1880 a favore  del pastello. Il pastello costituiva infatti una tecnica più immediata e quindi  più adatta a rendere il movimento. All’inizio fece uso del pastello in modo del  tutto tradizionale, poi a poco a poco inserì degli innovamenti ottenendo  straordinari effetticolorati. Usava nelle  sue composizioni abbinamenti di ‘strisce verticali’ dai toni assolutamente  contrastanti, capaci di creare un meraviglioso effetto ottico. “I suoi pastelli  diventarono fuochi artificiali dai mille colori, dove si dissolveva ogni  precisione di forma in favore di una materia sfavillante…” (J. Rewald, 1946). 
                         
                          
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                        g. Conclusioni 
                        “Degas prima di essere un pittore  degli esseri umani, è il pittore della mobilità corporale tradotta nella corsa,  nella danza, nello sforzo” (J. J. Lévèque, 1979); “le forme della sua arte  rivelano, negli anni,  questa passione  per la mobilità, il tormento di uno spirito impegnato al massimo nel cogliere  non l’istante, ma la successione degli istanti; a rendere l’impressione della  vita nelle sue modificazioni e perpetue trasformazioni, a tradurre l’energia e  le forze, le variazioni del colore nella luce” (A. Terrasse, 1971). Scegliere  per soggetto il movimento, ha significato per lui “prevedere con alcuni decenni  di anticipo una parte dell’arte contemporanea che a poco a poco ha sostituito  il movimento alla sua rappresentazione. Senza anticipare ciò che a quel tempo  era solo un problema pittorico, Degas vi colse l’essenziale di ciò che  giustificherà, ad esempio, le ricerche dei futuristi. Questi ultimi consigliano  la distruzione della materialità del corpo e superano un tipo di  rappresentazione alla quale Degas non poteva rinunciare dato il suo retaggio  culturale” (J. J. Lévèque,1979). 
                          J. Leymarie scrisse nel ’59: “partita da un’indagine acuta della realtà,  da una rappresentazione attenta della vita quotidiana e degli spettacoli  contemporanei, l’arte di Degas si conclude nella visione lirica e fantastica di  un universo le cui forme sono al di fuori del tempo e permeate di luce.  Apparentemente fredda e distaccata, tesa a valori eterni, l’opera di Degas è  permeata tuttavia dalla più calda e viva umanità”.                         
                          
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                        h. Descrizione figure 
                        FIG. 1 
  ‘Autoritratto’ olio su tela, 1856  circa 
                        FIG. 2 
  ‘Degas anziano per le strade di  Parigi’ foto, 1914 circa 
                        FIG. 3 
  ‘Ritratto del fratello René da  bambino’ olio su tela, 1855 circa 
                        FIG. 4 
  ‘Orchestra dell’Opéra’ olio su  tela, 1868-1869 
                          dipinto concepito come ritratto  del suonatore Désiré Dihau, si trasforma in composizione originalissima: per  dare un’immagine più reale e più mossa, Degas rappresenta solo una parte dello  spettacolo, cosicchè le ballerine rimangono tagliate fuori dal quadro. La luce  è quella artificiale della ribalta ed illumina violentemente le ballerine  conferendo loro l’aspetto di fantasmi; i suonatori invece rimangono nella  penombra. E’ interessante notare la prima apparizione del ricciolo del  contrabbasso, posto in alto in primo piano e che prenderà sempre più il ruolo  fondamentale di quinta 
                        FIG. 5 
  ‘Ballerine nel foyer’ olio su  tela, 1872 
                          questo è uno dei primi quadri di  Degas aventi per soggetto le ballerine. L’impianto prospettico –spaziale è  ancora molto classico. I concetti di spazio e profondità sono qui ottenuti  tradizionalmente: la porta aperta e lo specchio servono a prolungare la  prospettiva come nei quadri fiamminghi, mentre la sedia e la ballerina sulla  sinistra servono a trattenere l’attenzione sul primo piano. Tutte le figure,  molto ben descritte e delineate, presentano quella staticità assai marcata  tipica del Degas di questi anni e che si andrà perdendo via via in favore di un  sempre maggiore interesse al movimento 
                        FIG 6 
  ‘Al caffè-concerto Les Ambassadeurs’  pastello su monotipo, 1876-1877 
                          qui è data una grande importanza  al colore ed agli insoliti effetti luministici. La figura della cantante è  presa di scorcio mentre compie col braccio sinistro un gesto teatrale; il  braccio avanzato verso il pubblico, continua il movimento dei lampioni alle sue  spalle, determinando così una forte accentuazione della profondità. Qui la  composizione inizia a farsi più ardita ed il disegno meno preciso, più sciolto 
                        FIG 7 
  ‘Cantante di caffè-concerto’  pastello a tempera su tela, 1878 
                          primo piano quasi cinematografico  della cantante, fissata in un momento tipico, in un gesto molto espressivo: la  bocca aperta, la mano alzata col guanto nero in forte contrasto con le tinte  tenui dello sfondo, contrasto che accentua l’originalità della composizione 
                        FIG 8 
  ‘Prova di balletto in scena’ olio  su tela, 1873-1874 
                          siamo ancora nella fase in cui  Degas rende le scene di danza in modo descrittivo ed analitico; il disegno è  preciso ed i contorni netti; la composizione piuttosto classica 
                        FIG 9 
‘La lezione di danza’ olio su  tela, 1875 
la ballerina seduta sul  pianoforte è stata inserita in un secondo tempo per intensificare la profondità  dello spazio, aggiungendo una supplementare linea di fuga a quelle già  esistenti costituite dalle diagonali del pavimento e dalla cornice delle pareti 
                        FIG 10 
  ‘Ballerine in riposo’ pastello,  1879 
                          composizione estremamente viva ed  animata, solo tre ballerine sono interamente visibili mentre tutta la parte  superiore del quadro è occupata da una fascia di braccia e di gambe che ne  costituisce l’originalità. Degas adesso, sempre più, usa il taglio delle  immagini per rendere meglio possibile il dinamismo delle sue scene 
                        FIG 11 
  ‘Donne davanti ad un caffè, la  sera’ pastello su monotipo, 1877 
                        FIG 12 
  ‘Ballerine fra le quinte’  pastello, 1890-1895 
                          questo quadro fa parte  dell’ultima produzione di Degas; notiamo in esso e poi in quelli che  seguiranno, come Degas sia ormai del tutto preso da ricerche plastiche, di luce  e di colore; i soggetti costituiscono ora meri pretesti per questi studi; il  colore diventa il vero protagonista a discapito del disegno così rispettato  nelle prime opere e che adesso tende invece a disintegrarsi. E’ come se ora il  pittore sia riuscito a liberarsi da quella volontà di equilibrio e di perfezione  classica che lo caratterizzavano all’inizio 
                        FIG 13 
  ‘Fantini davanti alle tribune’  olio su tela, 1869-1872 
                        FIG 14 
  ‘Due stiratrici’ olio su tela,  1882 
                        FIG 15 
  ‘Dalla modista’ pastello, 1883 
                        FIG 16 
  ‘Donna che si spugna nella  tinozza’ pastello su cartone, 1886 
                          anche la rappresentazione del  nudo subisce in Degas un’evoluzione: inizialmente i suoi nudi costituivano un  mezzo per lo studio dell’anatomia umana oltre che dei gesti e dei movimenti;  questi nudi che all’inizio rivelano una ricerca di pose sempre più contorte e  desuete, subiscono poi un’estrema semplificazione e diventano, come anche le  ballerine degli ultimi anni, semplice pretesto a esperimenti coloristici 
                        FIG 17 
  ‘Donna che si pettina’ pastello,  1887-1890 
                        FIG 18 
  ‘Donna che si fa pettinare’ pastello,  1885  
                          
                        
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